Cos’è un rapporto?  Perché farlo? 

Prepare the M&E reports

 

 

Sento di dovermi fare queste domande quando leggo APIR , che non ci dice cosa vuole essere e cosa vuole dirmi (parla a me?, gli interesso io?).   

 

Perché farlo leggere a me?   (cosa vuoi dirmi riguardo alla nostra relazione?)

APIR sembra molto interessato ad avere il mio gradimento. Mi racconta di tante belle cose fatte.  Mi dice che tanti importanti risultati sono stati ottenuti. E che la vita di tante persone è migliorata …  Sembra solo un po’ preoccupato che non riesce a raccontarmi tutte le implicazioni di questi miglioramenti.  Sembra come che vorrebbe dimostrarmi, in modo oggettivo e sicuro, che tutti quei miglioramenti sono ben documentati e che sono direttamente un risultato del lavoro di Oxfam!  Si sforza di convincermi: mette in risalto il valore delle cose in cui crede … lo sforzo sincero nelle attività svolte … la grande scala delle operazioni in cui è impeganto … mette sempre in risalto i rosultati ottenuti anche se si rammarica di non poterli dimostrare “oggettivamente” abbastanza.  Ma io mi chiedo: perché tutto questo sforzo di convincermi?  Perché vuole apparire così bello?

Supponiamo che io già sappia che Oxfam è una bella organizzazione … e beati quelli che ci lavorano … io sono solo un simpatizzante che da un po di soldi … oppure un impiegato governativo costretto a stare dall’altra parte … perché fare tutta questa esibizione di bravura nei mei confronti?  Vuole farmi sentire più overo nei confronti dei bravi professionisti di Oxfam?

Qui in realtà mi sembra ci sia un errore di approccio da parte di Oxfam.  Posso intuire che Oxfam vuole giustificare leproprie azioni perché vuole più supporto da parte di tutti (perché da me? Vuole donations?).  Il problema è che, come dice Lao Tsu, “chi si giustifica da solo non è credibile”.

Ma un rapporto è una giustificazione?  No, non un buon rapporto!  Se viene fatto per giustificarsi, diventa u brutto rapporto!  Diventa come quelle storie fatte dagli storici nazionalisti, che scrivono cronache solo per giustificare le attuali istituzioni politiche …  ma per fare buona storia bisogna superare questo tipo di passioni …  Non dico che si può fare storia in modo obiettivo e imparziale!  Siamo sempre misura di tutte le cose e non esisistono giudizi non soggettivi.  Ma si può essere buoni storici se si cerca di dare notizia dei fatti e cercare di capirne le loro cause e le loro impliocazioni, senza condurre il lettore ad alcune forme di pregiudizio.

Proviamo a cambiare prospettiva.  Diciamo che il rapporto non vuole essere una ricerca di consenso ma una ricerca di verità.  Diciamo allora che Oxfam non vuole convincermi di qualcosa ma vuole mettermi in condizione di fare un giudizio informato.  Allora la narrazione sarebbe più autentica.  Certamente.  Ma perché vorrebbe mettermi incondizione di esprimere un giudizio sulle sue attività?  Perché a Oxfam interessa il mio giudizio?

Se io mi mostro a qualcuno perché voglio essere giiudicato in modo informato (e non pregiuziale) significa che voglio costruire o rafforzare una partnership con quella persona.   Oxfam vuole essere mio partner?  Perché gli interesso?  Cosa valgo per Oxfam?  Cosa vuole che facciamo insieme?  Beh, in questo caso, caro Oxfam, per piacere, dimmelo esplicitamente nel tuo rapporto?  Voi piacermi perché ti piaccio?  Beh ..  interessante … allora questo non mi farà sentire sminuito dal tuo consueto presuntuoso streap tease seducente!

 

Cosa vuoi farmi sapere?   (Cosa vuoi dirmi riguardo alle cose che facciamo o che vorresti facessiomo?)

Un rapporto è un racconto di attività svolte e risultati ottenuti.  Un “impact report” è il racconto di quali sono stati gli impatti ottenuti (positivi e negativi) come risultato delle attività che la nostra partnership ha reso possibili.

Dal modo di raccontare del rapporto, Oxfam sembra preoccuata di dimostrare il valore della nostra patnership con risultati oggettivi.  Teme forse che io perda fiducia nel valore della nostra partnership se questi risultati non sono ben dimostrati?  Perché non si limita a dirmi cosa è stato fatto e cosa è successo nei contesti dove queste cose sono state fatte … e lascia a me giudicare se il valore della nostra partnership è basato solo sugli impatti documentati come “prodotti da noi”?

Ci sono molte attività che sono motivate dall’utile che producono. La maggioranza delle attività economche sono di questo tipo.  E le partnership economiche sono motivate dal reciproco utile che questa artnership genera.  Se non producono vantaggi e utilità, queste partnership si sciolgono.  Ma questo non è il caso delle attività di Oxfam, perché il motivo della nostra partnership non è il nostro tornaconto. Oxfam mi ha invitato ad una partnership etica. Mi ha detto: ci credi in questi valori?  Allora viviamoli!  Facciamo qualcosa.  Allora Oxfam nel tuo rapporto incomincia a dirmi questo: quali attività sono scaturite dai nostri valori? La nostra fede nella giustizia ha generato opere per la giustizia?  I nostri programmi hanno generato tanti progetti?  Quanti?  Dove? 

Attenzione quindi:  se noi facciamo della nosta fede il punto fondamentale della nostra partnership, le attività che concretizzano questa fede sono già di per se un risultato raggiunto!  Non è l’unico risultato che volevamo ottenere, certo, perché vogliamo anche sapere a quali ulteriori risultati queste attività hanno portato. Ma sono già un risultato da celebrare!   Fammi sapere, come tuo partner, che la nostra partnership ha reso possibile progetti (quanti? di che dimensione? dove?). Dimmelo no?  E dimmelo con un senso di achievent, accidenti!  Celebriamo no?  Non serve anche a questo un rapporto?

Quindi  io vorrei sapere :

1.       quali sono i principi in base ai quali queste attività (progetti, programmi) sono state scelte? Che realzione hanno alla fede sulla quale abbiamo fondato la nostra partnership?

2.       Nella pratica queste attività si sono dimostrate capaci di porre in atto la nostra fede?  I risultati ottenuti hanno mostrato che quello in cui crediamo è valido?  Per noi e per gli altri?

3.       Quali sono le difficicoltà che stiamo incontrando sul nostro percorso?  Come ci siamo organizzati per superare queste difficoltà?  Quante ne abbiamo superate?  Quante stiamo ancora cercando di superare?  Dove ci siamo arresi?  Perché?  Dove abbiamo vinto?  Come?

4.       Ora cosa volgliamo fare in futuro per rafforzare la nostra partnersip?  Come possiamo meglio capire le implicazioni di quello in cui crediamo?  E le implicazioni di quello che la nostra partnership rende possibile fare?

5.       Che relazione c’è tra gli impatti che noi speravamo di ottenere tramite le attività scelte e gli impatti che abbiamo ottenuto?  Riusciamo a imparare dalle cose che facciamo?  Riusciamo a disseminare la nostra fede e le nostre competenze pratiche?

 

Quando vogliamo educare alla libertà,  quali comportamenti vogliamo attenderci  che dimostrino l’efficacia della nostra opera educatrice?

Uno dei principi basi dell'organizational learning è quello di avere una mappa condivisa di significati da attribuire a certe parole.  occorre quindi continuamente ripetere il modo  con cui certe parole vanno capite e usate nell'organizzazione.  (Taxonomy)

Dal rapporto stesso risulta una certa confusione tra i limiti che separano i seguenti concetti: objectives, results, outcomes, impacts.    Quindi occorre chiarirli. Proviamo.  Per piacere tu faiu refrasing in inglese co le parole usate in Oxfam.

Una azione ha:

Quindi i progetti e i programmi sono in una relazione gerarchica tra di loro per cui i risultati di secondo grado del progetto sono rtisultati di promo grado del programma e i risultati di terzo grado di un progetto sono i risultati di secondo grado di un programma.

La stessa logica scalare si ripete poi per programmi di programmi, cioè più ampi al cui loro interno non ci sono progetti ma programmi (che contengono progetti).  Come per esempio il programma generale Oxfam che non contiene progetti specifici, ma programmi Paese, che contengono progetti. 

Rispetto a questi programmi di secondo livello i singoli progetti sono in una relazione di due gradi più in basso.  Per cui i risultati di terzo livello di un progetto sono i risultati di primo livello dei programmi di programmi.  Il che equivale a dire che ciò che per i prgetti è un impatto, per i programmi di programmi è invece  un prodotto/servizio atteso!  Questo vuol dire che i designers e i managers dei programmi dei programmi hanno la responsabilità diretta del raggiungimento degli obiettivi di impatto dei progetti ! 

Per questo una relazione sull’impatto delle attività di Oxfam significa una valutazione della qualità del lavoro svolto dal most senior managr di Oxfam, allo stesso modo in cui la valutazione dell’efficacia delle attività svolte dal team di progetto nel produrre i prodotti/servizi attesi è una valutazione della qualità del lavoro fatto dal team di progetto.

Tuttavia il parallelismo non deve spingersi troppo perché c’è una differenza importante tra strategie e risultati nella gestione dei progetti e tra strategie e risultati nella gestione dei programmi.. La relazione tra risultati di progetto e le sue attività èuna relazione di attribution mentre la realzione tra impatti e programmi è di contribution. Vediamo meglio cosa significa.

Il processo di raggiungimento dei risultati di primo grado di un progetto (prodotti/servizi) deve essere totalmente sotto il controllo di una unica attività manageriale (il project manager e i suoi assistenti) e le attività devono essere tali da produrre i risultati in una relazione causa/effetto.   Nei processi di raggiungimento di attività di secondo grado non esiste una unica attività manageriale né esiste una relazione diretta causa/effetto perché i soggetti coinvolti sono suddivisi raggruppati in molteplici gruppi d’interesse e  la loro collaborazione è una scelta libera,  determinata dalle relazioni che intercorrono nello svolgesi dell’azione e quindi non rigidamente determinabile a priori.  Mentre il manager del progetto deve avere sempre la possibilità di sostituire i membri del suo team che non fanno i task di loro responsabilità, il managr del programma non può modificare la struttura dei vari stakeholders le cui scelte e i cui comportamenti influenzano gli outcomes e gli impatti dei progetti.  I cambiamenti che il programma vuole realizzare nel contsto sociale non sono in una relazione causa/effetto con i risultati di promo grado ottenuti dai progetti, perché nel processo è coinvolta la libera volontà di altri soggtti non sottomessi all’autorità del programme manager.  Certo il manager del programma può (anzi dovrebbe) cercare di modficare comportamenti nella struttura dei rapporti tra gli stakeholders (per promuovere solidarietà e diminuire ignoranza e conflitto); però non può ottenere questi cambiamenti con la forza dell’autorità (come il project manager) ma solo con l’autorevolezza morale e professionale. Sarà quindi un mediatore, un facilitatore, un istruttore, una guida, un educatore …. In questo lavoro saranno gli stessi progetti (e i risultati da essi ottenuti) che forniranno al project manager gli strumenti per promuovere tra i vari stakeholders la collanborazione necessaria per dirigersi verso gli outcomes e gli impatti.  Per questo nella stessa fase di progettazione vanno previsti risultati di progetto che abbiano una funzione “educativa” del contesto sociale, tale quindi da promuovere e facilitare la creazione del consenso per una collaborazione verso la realizzazione degli auspicati outcomes e impatti.  Dove non esistono le condizioni per una tale collaborazione, anche i progetti più efficaci nel realizzare prodotti e servizi saranno assolutamente inefficaci nel facilitare outcomes e impacts.  Per questo è fondamentale che i programmi siano pensati come piattaforme di collaborazione e i progetti siano realizzati solo dove esistono condizioni favorevoli alla generazione delle sinergie necessarie.

Il ciclo di gestione dei progetti deve quindi essere gestito in modo che l’rganizzazione abbia un duplice ruolo di generatore e distributore di conoscenza:

Poiché vogliamo educare alla libertà non cercheremo allora di giudicare l’impatto del nostro sforzo con l’analisi se i nostri allievi stanno attuando i comportamenti che noi avevamo pensato fossero i comportamenti “giusti”; vedremo piuttosto se avranno incominciato a vivere secondo i propri valori e i propri diritti (compreso quello di contraddirci).  Misurare l’impatto di un programma che promuove la giustizia e la libertà sarà allora possibile solo vedendo in che misura quelli che erano i target delle nostre attività diventano i soggetti promotori e realizzatori di nuovi programmi di di promozione di giustizia e libertà.

 

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